Mercoledì 23 Dicembre 2020
Comprereste mai un'auto Apple?
E’ notizia recente che l’auto prototipo a guida autonoma di Apple, in studio da anni, sta facendo decisi passi in avanti per essere presentata sul mercato entro il 2024.
Il colosso della Silicon Valley prevede di innovare il mercato grazie a una tecnologia innovativa applicata alle batterie. Ciò significherebbe massima autonomia e costi ridotti al minimo.
I contrari: chi è scettico all’idea che Apple possa produrre automobili sostiene che l'industria automobilistica sia troppo complessa da gestire, che le capacità produttive necessarie siano enormi e difficili da ottenere, sia dal punto di vista economico che di know-how. Tesla, ad esempio, ha impiegato ben 17 anni prima di riuscire ad essere profittevole. I margini di profitto non giustificherebbero gli investimenti. I detrattori sostengono che sarebbe stato più semplice per Apple seguire la strada intrapresa da Google: sviluppare una tecnologia di guida autonoma da vendere ad altre case automobilistiche già presenti sul mercato.
I sostenitori: chi è favorevole all’idea di Apple come casa automobilistica ritiene che nessun’altra azienda al mondo abbia talmente tante risorse liquide da poter investire; infatti Apple è la società a maggior capitalizzazione al mondo. Inoltre gli azionisti di Apple sono abituati ad una crescita strabiliante; per continuare in questa direzione l’azienda non può fare a meno di esplorare e di entrare in nuovi mercati. Infine Apple è famosa per avere dei team di progettazione all’avanguardia planetaria; ci si aspetta molto dalla loro capacità innovativa.
Al di là della disputa tra favorevoli e contrari, c'è un tema geopolitico che non può sfuggire, ed è chiaro anche a Cupertino: la Cina si è posizionata da tempo a monte della filiera delle materie prime necessarie a produrre le batterie: cobalto, nichel, litio. Ha in concessione quasi il 90% dei giacimenti mondiali e controlla anche il know how del processo industriale. Pechino ha colonizzato il Congo, che è il più grande produttore di cobalto e strappato contratti decennali di sfruttamento in Sud America.
Generazione fancazzisti
Cosa fanno i giovani Italiani tra i 15 e i 24 anni in lockdown? Oltre un quinto non studia, non lavora e non si forma. Una percentuale record in Europa: 20,7% contro l’11,6% della media Ue, secondo i dati dell’Eurostat.
Grazie anche al Covid e alle chiusure estreme del Governo, l’Italia distanzia di gran lunga le altre due nazioni sul podio, Bulgaria al 15,2% e Spagna al 15,1%.
Non si tratta certo di una novità per il Bel Paese, che è dal 2012 che si mantiene in cima alla classifica. Si interrompe però la striscia di due anni di calo virtuoso (nel 2019 si era al 18,1% e nel 2018 al 19,2%).
Se si allarga la platea di di osservazione ai giovani tra 15 e 29 anni va anche peggio: qui i NEET italiani sono quasi un quarto del totale - il 22,7% - nel secondo trimestre di quest'anno. Il dato peggiore in Europa anche in questa fascia di età, con più di 10 punti oltre la media europea (14,8% nel secondo trimestre).
Il tasso dei NEET è cresciuto quasi ovunque quest’anno. Ma nessuno ha fatto male come l’Italia. Che ha il record di morti Covid e il record di giovani senza prospettive. Il famoso “modello Italia”.
Per non dimenticare
Babbo buono od orco?
Siete sicuri che Babbo Natale sia sempre stata una figura rassicurante? Se credete di sì, dovete ricredervi. Lo dimostrano alcuni ritratti del diciannovesimo secolo che lo raffigurano come un vecchietto ricurvo e infelice. L’immagine del nonnetto panciuto è sostanzialmente moderna: i bambini di oggi non riuscirebbero mai a pensare a una figura diversa da quella dell’anziano dalle guance rosse, con la pancia contenuta da una cintura e con il sorriso sempre acceso sul viso.
In realtà i bambini del 1880 non dovevano essere rassicurati dall’immagine di quell’uomo magro e col bastone. Come mostrano alcuni cartoline, vedevano Babbo Natale come una figura spettrale.
Agli inizi del ‘900 i pargoli erano terrorizzati da Krampus, un personaggio simile al diavolo che percuoteva e trascinava i bimbi cattivi all’inferno (altro che elfi e renne di babbo Natale).
Solo negli anni '20 Babbo Natale è diventato l’uomo grassoccio che tutti conosciamo e dobbiamo ringraziare sostanzialmente la Coca-Cola: per la pubblicità il marchio aveva bisogno di un personaggio allegro, grassoccio e rassicurante. Detto, fatto. Solo da allora Santa Claus è diventato il nonnetto buono di cui non si può fare a meno a Natale.